Scioperi contro le ingiustizie
Erano state informate che c’era una legge “la miglioria fondiaria”, nata per favorire lo sviluppo dell’agricoltura nel dopoguerra, la quale obbligava i proprietari terreni a coltivare le terre stabilendo anche il tipo e la quantità di colture per una determinata area: una parte di vigna, una di grano, una di mais ecc.., siccome non tutti la applicavano e nessuno li obbligava a rispettarla, decisero di denunciare questa ingiustizia con uno sciopero. L’avevano progettato con i braccianti dei paesi vicini, perché fosse più esteso e per essere più numerosi nei cortei di protesta che avrebbero nelle vie di questi paesi. Di notte prepararono cartelli con su scritte le parole di denuncia, prepararono le bandiere rosse e le donne si accordarono di partire tutte insieme per il paese nel quale era stato programmato il primo corteo.
Insieme si sentirono più forti e tranquille, perché andando in un altro paese non le avrebbero riconosciute, non avevano il permesso dalle autorità per fare queste manifestazioni e non glielo avrebbero mai dato giudicandole azioni “sovversive”, quindi sapevano di poter essere denunciate. Pedalando e cantando arrivarono all’imbocco della via principale del paese, ma la c’era già il maresciallo dei carabinieri che le fermò gridando: “Tornate a casa!” Loro scesero dalla bicicletta e ferme continuarono a cantare: “E noi che siamo donne, paura non abbiamo, per amore dei nostri figli…” Il maresciallo gridò più forte irato: “Basta con questa canzone, vi ordino di tornare a casa” – e corse minaccioso verso il gruppo alla sua destra, quelle si zittirono, ma cantarono quelle a sinistra, allora corse da quella parte e quelle si zittirono mentre riprendevano le altre. Fece avanti e indietro più volte in questo modo, mentre le donne, piano piano, lo accerchiarono sempre cantando.