Francesco Ibba nasce ad Ardauli, in provincia di Oristano, nel 1920.
Nella Seconda guerra mondiale combatte dapprima sul fronte greco-albanese, quindi in quello nord africano, dove partecipa alla battaglia di El Alamein. Durante la successiva ritirata nel deserto libico accusa un’insufficienza mitralica: viene ricoverato all’ospedale di Tunisi e successivamente rimpatria.
Tornato ad Ardauli, nel 1945 insieme ad altri reduci si accorge che, anche se il regime fascista è finito, la gestione del potere a livello locale è rimasta pressoché invariata. Il vecchio podestà è infatti diventato sindaco, e continua a governare il paese con l’aiuto di un ristretto numero di notabili locali, riorganizzatisi nel Fronte dell’Uomo Qualunque. Fra i reduci di guerra il sindaco non gradisce coloro che hanno rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò. Nonostante la guerra fosse finita, loro continuavano a dominare, a dettare leggi, a fare i propri comodi sulla popolazione, sulle nostre famiglie e certamente anche su noi reduci, scrive Ibba.
Francesco e i suoi compagni decidono di non restare passivi: affittano un appartamento dove si riuniscono per discutere dei problemi del paese e creano la Sezione dei Combattenti e Reduci, che arriva a contare, con i veterani della Prima guerra mondiale, centoventi iscritti. Con il sostegno dell’onorevole Emilio Lussu, ministro dell’Assistenza postbellica, danno quindi vita a una sezione del Partito Sardo d’Azione, con l’obiettivo di contrastare lo strapotere dei signorotti locali.
Nel 1946 si tengono le elezioni amministrative di Ardauli e Francesco e i suoi compagni si candidano con una propria lista, chiamata “Lista dei combattenti”, che raggruppa giovani reduci e ex consiglieri comunali più anziani appartenenti a movimenti e partiti della sinistra. A sorpresa la “Lista dei Combattenti” risulta la più votata, e Francesco è il candidato che ottiene più voti.
Dopo qualche titubanza, accetta di diventare sindaco: a 26 anni, è il più giovane della Sardegna.
Governare il paese si rivela però difficilissimo: la malaria imperversa, non c’è lavoro, e una invasione di cavallette danneggia pesantemente il raccolto. Oltre a questo, gli sconfitti del voto fanno di tutto per impedirgli di svolgere il mandato, anche con metodi intimidatori e illegali. Dopo pochi mesi i consiglieri comunali più anziani, corrotti o minacciati, passano all’opposizione, e la maggioranza in consiglio è perduta.
Deluso e inquieto dal crescendo di minacce, Francesco decide di dare le dimissioni ed emigrare: è il settembre del 1946. Dopo il viaggio in nave, raggiunge in treno Milano, per poi arrivare e Bardonecchia e passare il confine francese con l’aiuto di un gruppo di calabresi, clandestini come lui, che corrompono alcune guardie confinarie. Trova lavoro in una fabbrica vicino a Charleville, quasi al confine con il Belgio, ma il lavoro è duro e la paga poca: mi accorsi che anche in Francia la miseria c’era come in Italia e forse anche peggio.
Decide quindi di attraversare una nuova frontiera e raggiungere il Belgio, dove ha uno zio che può aiutarlo a trovare lavoro. Una notte, con una torcia, attraversa a piedi il bosco che divide i due paesi e raggiunge quindi il territorio belga: è il 15 dicembre 1946. Trova lavoro in una miniera di carbone a Frameries: il lavoro è duro e pericoloso, ma la paga è buona e finalmente Francesco riesce a trovare un po’ di stabilità economica. Conseguito il titolo di perito minerario, riesce ad ottenere, primo straniero in Belgio, l’incarico di caposquadra nella miniera di carbone nella quale è impiegato. Si iscrive inoltre a un sindacato cattolico del posto, e nel giro di qualche anno ne diviene dirigente.
Intanto molti altri compagni reduci stanno lasciando Ardauli, seguendo un tragitto analogo al suo, e Francesco decide di aiutarli, diventando un importante punto di riferimento per gli emigrati sardi in Belgio. Grazie a lui, infatti, raggiungono il territorio belga e ottengono un contratto di lavoro molti giovani disoccupati del suo paese e dell’intera zona di Oristano. Gli stessi che, una volta arrivati all’estero, possono contare sull’assistenza sua e del sindacato cattolico locale di cui è dirigente.
Nel 1949 torna ad Ardauli e sposa una ragazza del posto, che porta con sé in Belgio.
Nel 1953, dopo circa sette anni vissuti a Frameries, decide di ritornare definitivamente ad Ardauli assieme alla moglie e di costruirsi una casa col denaro messo da parte. In Italia gli viene finalmente riconosciuta la pensione di guerra e ottiene, grazie al diploma preso in Belgio, un posto da impiegato al comune di Oristano, come responsabile dell’Ufficio Abigeato.
Prosegue le proprie lotte politiche e sindacali: nel 1978 viene eletto delegato per la Sardegna della Centrale Sindacale dei Minatori, aderente alla FGTB, il secondo più grande sindacato belga, e d’accordo con il patronato INCA/CGIL cura l’assistenza previdenziale e sociale a favore degli emigrati lontani dalle loro famiglie e di quelli che decidono di rientrare nell’isola.
Torna sporadicamente in Belgio, per vacanza o per motivi di lavoro, fino al 1994.
Muore nel giugno del 2003, all’età di 83 anni.
La sua memoria, intitolata Pagine di storia dell’antifascismo e dell’emigrazione ardaulese si è aggiudicata il premio LiberErtà 2001, ed è stata pubblicata nel novembre dello stesso anno.