Nell’Italia del dopoguerra prima a Napoli poi a Roma e in Sardegna, Nadia impara a conoscere “le questioni” della politica, non nella loro generalità, ma caso per caso, dalla viva voce di questa o quella donna prima o dopo le riunioni; e conosce quanto sia frustrante non poter dire o fare niente, non avere una soluzione da indicare, perché non c’è. Sarà questo il segno peculiare, direi la qualità, della sua attività politica: attenzione ai mille volti del bisogno e della sofferenza umana, desiderio e capacità di relazione, volontà di vincere la frustrazione dell’impotenza.
M.L. BOCCIA
Nasce a Tunisi (Tunisia) il 2 giugno del 1916 da una famiglia agiata, immigrata in Tunisia nel corso dell’Ottocento. Sebbene Nadia frequenti la scuola cattolica, vive in un ambiente multietnico ed amante della cultura, per il quale la parità, compresa quella di genere, è un valore. Conseguita la maturità scientifica, si iscrive alla facoltà di Chimica a Roma. Nel 1937, a Tunisi, entra a far parte del gruppo di giovani italiani, per lo più studenti come i fratelli Gallico e Maurizio Valenzi, militanti del Partito comunista tunisino, una piccola formazione che svolge propaganda antifascista. Nadia è con loro. Nell’ottobre del 1939 la giovane incontra Velio Spano, un dirigente sardo inviato a Tunisi per rafforzare il movimento antifascista locale. Lo sposa nel ’40.
Sono anni durissimi, gli antifascisti subiscono la repressione del Governo Pétain, anche i Gallico – Nadia compresa – sono coinvolti. Sono pure gli anni delle due prime maternità, nascono Paola e Chiara, intanto Velio, nell’ottobre del 1943, rientra in Italia e si ferma a Napoli, lei lo raggiunge qualche mese dopo, lasciando le bambine alla madre. Nel capoluogo campano assume la responsabilità del lavoro femminile del Pci, di fatto, la direzione di «Noi Donne», qualche mese dopo è poi a Roma da poco liberata. Presto la Commissione centrale femminile del Pci le comunica che si occuperà del movimento femminile sardo. La dirigente comunista attraversa l’isola, constata le gravi condizioni di vita e di lavoro delle popolazioni, le sofferenze dei bambini, e la difficoltà di sviluppare un movimento delle donne. Tra il 1945 e il 1946 Nadia si inserisce nel Pci romano e si afferma tra le principali protagoniste della campagna Salvare l’infanzia: partono da Roma 5.000 bambini per essere accolti dalle famiglie emiliane.
Eletta alla Costituente è tra le principali voci femminili nel dibattito. È eletta ancora alla I e alla II Legislatura. Trascorre anni di grande impegno e di continui spostamenti, intanto nasce la terza figlia, Francesca.
Terminata l’esperienza parlamentare, entra nella sezione esteri del Pci. Da anziana, senza più incarichi di rilievo, continua a prendere parte alla vita politica.
Muore a Roma il 19 gennaio 2006. Pochi giorni prima era uscita la sua autobiografia dal titolo Mabrúk.