Campagna elettorale
La consapevolezza di dover compiere in breve tempo un’azione di alfabetizzazione politica delle italiane è comune alle dirigenti dei partiti e dell’associazionismo femminile. Donne di tutti i ceti sociali sono coinvolte attraverso la stampa, le conferenze pubbliche, le trasmissioni radiofoniche e, soprattutto attraverso i contatti individuali, nei luoghi di lavoro e nelle case in una grande “opera di pedagogia politica”, tesa a realizzare una partecipazione responsabile alle elezioni.
Elezioni
«Lunghissima attesa davanti ai seggi elettorali. Sembra di essere tornate
alle code per l’acqua, per i generi razionati. Abbiamo tutti nel petto un
vuoto da giorni d’esame, ripassiamo mentalmente la lezione: quel simbolo,
quel segno, una crocetta accanto a quel nome. Stringiamo le schede
come biglietti d’amore. Si vedono molti sgabelli pieghevoli infilati al
braccio di donne timorose di stancarsi e molte tasche gonfie per il pacchetto
della colazione. Le conversazioni che nascono tra uomini e donne
hanno un tono diverso, alla pari» (Anna Garofalo).
Il 2 giugno 1946 milioni di donne formano lunghe e pazienti file davanti ai seggi, smentendo quanti hanno fino all’ultimo paventato un astensionismo femminile. La giornata è soleggiata, le più giovani sorridono in abiti leggeri e colorati mentre molte altre indossano il vestito del lutto ma tutte, intellettuali e contadine, operaie e studentesse sono emozionate e trepidanti, consapevoli dell’importanza del loro primo voto. Le donne sono le protagoniste di questa giornata memorabile.
Risultati elezioni:
Il 2 e il 3 giugno cittadine e cittadini si recano alle urne.
I seggi elettorali si chiusero il 3 giugno, elettrici ed elettori attesero un paio di giorni prima di conoscere i risultati provvisori annunciati, nel corso della conferenza stampa del 5 giugno, dal Ministro dell’Interno Giuseppe Romita. Il clima di tensione che aveva precorso le giornate antecedenti si è fatto incandescente, i monarchici giocano la loro ultima carta con la denuncia di brogli elettorali, mentre la stampa annuncia la nascita della Repubblica Italiana.
Finalmente il 10 giugno, nella sala della Lupa in Campidoglio, la Corte di Cassazione legge i risultati definitivi, ufficializzati il giorno successivo: 12.718.641 voti per la Repubblica e 10.718.502 per la Monarchia.
I risultati ritraggono un’Italia divisa in due. Sebbene non vadano sottovalutati i due milioni di consensi in più a favore della Repubblica, la spaccatura riguarda e si somma alle tante altre che da secoli dividono il Paese.
Dai dati elettorali esce un centro-nord sostanzialmente repubblicano e un sud monarchico.
21 Costituenti
All’Assemblea Costituente furono elette 21 donne, in lista ve ne erano 226, su un totale di 556 eletti. Il Pci ne presentò 68, la Dc 29; il Psi 16; il Pd’A 14; l’Unione Democratica Nazionale 8; la Concentrazione Democratica Repubblicana 8; l’Uomo Qualunque 7, qualche altro nome si rintracciava nelle liste dei gruppi minori. Furono elette nove per la Democrazia cristiana, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria De Unterrichter Jervolino, Maria Federici, Angela Gotelli, Angela Maria Guidi Cingolani, Maria Nicotra Verzotto, Vittoria Titomanlio, nove per il Partito comunista italiano, Adele Bei Ciufoli, Nadia Gallico Spano, Nilde Iotti, Teresa Mattei, Angiola Minella Molinari, Rita Montagnana Togliatti, Teresa Noce Longo, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi, due per il Partito socialista italiano di unità proletaria, Bianca Bianchi e Lina Merlin, e una per l’Uomo Qualunque Ottavia Penna Buscemi. Di queste ben undici erano dell’Udi e «tre di esse – Rita Montagnana, Teresa Noce e Bianca Bianchi – hanno riportato rispetto a tutti i candidati del loro Collegio il maggior numero di voti preferenziali e precisamente: Rita Montagnana 68.722, Teresa Noce 47.219, Bianca Bianchi 15.384. Un vero successo!». Ed ancora si leggeva: «Il numero complessivo dei voti riportati da tutte le candidate, nelle varie circoscrizioni elettorali, ascendeva a 735.254, di cui: 326.690 alle comuniste, 299.849 alle democristiane, 51.561 alle socialiste, 19.221 alle qualunquiste, 18.990 alle repubblicane, 2.062 alle azioniste e 16.872 alle candidate di altri 15 partiti».
Ingresso
Le 21 elette erano consapevoli del compito che le aspettava, della eccezionalità della loro posizione quando il 25 giugno tra le 15,20 e le 15.40, nel caldo dei pomeriggi estivi romani, sotto lo sguardo dei fotografi entravano a Montecitorio.
Lavori Costituente
Fecero parte della Commissione dei 75 e nelle relative tre sottocommissioni incaricate di redigere il testo Maria Federici, Nilde Iotti, Angelina Merlin, Teresa Noce, nel febbraio 1947 entrò anche Angela Gotelli in sostituzione di un collega dimissionario. Quest’ultima e Nilde Iotti entrarono nella Prima sottocommissione Diritti e doveri dei cittadini; Maria Federici, Angelina Merlin, Teresa Noce a quelli della Terza, Diritti e doveri nel campo economico sociale. Nessuna delle elette partecipò invece alla Seconda Organizzazione costituzionale dello stato, un’assenza che lascia ancora emergere i pregiudizi duri a morire circa le competenze femminili.
Biografia di gruppo
Le 21 elette presentano un’età media di quarant’anni, la più anziana è Angela Merlin, che ne ha sessantacinque, la più giovane Teresa Mattei di venticinque. Alla Costituente si incontrano due generazioni, la prima composta di donne nate tra l’ultimo ventennio dell’Ottocento e la Grande Guerra, che hanno ricevuto la loro prima formazione nell’Italia pre-fascista. Un gruppo meno numeroso raccoglie le giovani nate durante o a ridosso della Grande Guerra e ha compiuto la scelta politica nella Resistenza.
Quelle generazionale e politica non sono le sole differenze, ci sono anche la provenienza sociale e il livello di istruzione. Si contano ben 14 laureate mentre un’altra componente è costituita da operaie e impiegate. La maggioranza delle elette è coniugata e ha figli; cinque di loro avrebbero condiviso il lavoro parlamentare con i rispettivi mariti.
Unici comuni denominatori tra le 21 elette sono la scelta antifascista, una buona dose di entusiasmo, un profondo senso di responsabilità. La volontà politica di una collaborazione tra donne, molto enfatizzata, sembra essere un dato ricorrente nelle memorie.
Le memorie delle protagoniste
«Il giorno in cui, con il mio bel vestito azzurro a fianco di Velio,
entrai a Montecitorio, ero un po’ impacciata.
Vicino all’ingresso c’erano giornalisti e curiosi. Cercavo di apparire disinvolta e dignitosa».
Nadia Spano
«Sono molto tesa quando entro la prima volta nell’aula della camera.
Sento gli sguardi degli uomini su di me. Cerco di osservare gli altri per liberarmi dal senso di disagio».
Bianca Bianchi
«Quando nel 1946 entrai nell’Aula di Montecitorio rimasi turbata e nel contempo fui felice perchè il mio vero spirito guida era la speranza nell’Italia nuova […] nel guardarmi intorno ed incontrando nell’aula, nel transatlantico le colleghe democristiane, socialiste, monarchiche, comuniste, ci sorridevamo pronte tutte a riconoscere le responsabilità e le attese che gli elettori si attendevano dalle donne elette deputate all’Assemblea Costituente».
Filomena Delli Castelli
«Tornai così a Montecitorio non più come consultrice,
ma come “eletta del popolo”, come dicono i francesi con bella frase».
Teresa Noce
«Per noi parlare in quell’aula significava soprattutto vincere il timore reverenziale verso quegli uomini, anche se noi stesse ci eravamo impegnate in prima persona soprattutto negli ultimi anni della guerra».
Nilde Iotti
«Caro Franco,
[…]
Ieri è stato un grande giorno per l’Italia. Ti confesso che quando ho avuto le schede in mano il mio cuore ha accelerato i battiti e la mia mano non era più tanto ferma. Sapevo che il mio voto insieme a quello di tanti altri avrebbe deciso le sorti del paese. Speriamo che Iddio ci abbia ispirati per il meglio. Le cose sono andate abbastanza bene per quanto difettasse l’organizzazione.
Io ho fatto presto: 3/4 d’ora appena ma la mamma è dovuta tornare ben 3 volte, ed alla 3° ha fatto una fila di 2 ore e Cesare pure.
Ti confesso che pur essendo apolitica aspetto con una certa ansia l’esito, ed anche con un po’ di preoccupazione».
Anna
«Né posso passare sotto silenzio il giorno che chiuse una lunga e difficile avventura, e cioè il giorno delle elezioni. Era quella un’avventura incominciata molti anni fa, prima dell’armistizio, del 25 luglio, il giorno – avevo poco più di vent’anni – in cui vennero a prendermi per condurmi in prigione. Ero accusata di aver detto liberamente quel che pensavo. Da allora fu come se un’altra persona abitasse in me, segreta, muta, nascosta, alla quale non era neppure permesso di respirare. È stata sì, un’avventura umiliante e penosa. Ma con quel segno in croce sulla scheda mi pareva di aver disegnato uno di quei fregi che sostituiscono la parola fine. Uscii, poi, liberata e giovane, come quando ci si sente i capelli ben ravviati sulla fronte».
Alba de Céspedes, 1946
«Quel che di ‘importante’ per me, ci ho visto e ci ho sentito, dove mai ravvisarlo se non in quel due giugno che, nella cabina di votazione, avevo il cuore in gola e avevo paura di sbagliarmi fra il segno della repubblica e quello della monarchia? Forse solo le donne possono capirmi e gli analfabeti».
Anna Banti, 1946
«In una cabina di legno povero e con in mano il lapis e due schede, mi trovai di fronte a me, cittadino. Confesso che mi mancò il cuore e mi venne l’impulso di fuggire. Non che non avessi un’idea sicura, anzi; ma mi parvero da rivedere tutte le ragioni che mi avevano portato a quest’idea, alla quale mi pareva quasi di non aver diritto perché non abbastanza ragionata, coscienziosa, pura. Mi parve di essere solo in quel momento immessa in una corrente limpida di verità; e il gesto che stavo pere fare e che avrebbe avuto una conseguenza diretta, mi sgomentava».
Maria Bellonci, 1946.
«Per la prima volta nella mia vita, dopo cinquant’anni che attendevo che alle donne del mio paese fosse concesso questo diritto, ho potuto votare, ed è stato con profonda emozione, da ieri non stavo bene, un attacco improvviso che temevo mi immobilizzasse e m’impedisse, oggi, di alzarmi ed uscire. Con uno sforzo inenarrabile di volontà mi son trascinata, sola, al seggio elettorale, stamane: c’era una fila enorme, son tornata a casa, mi son di nuovo distesa a prender fiato, poi dopo aver mangiato un boccone son di nuovo uscita, al tocco, ho atteso per tre ore e mezzo pigiata fra la folla di poter entrare e finalmente ho deposto nelle urne le due schede, quella per il referendum istituzionale e quella per la Costituente… Ora son qui, sfinita, ma contenta».
Sibilla Aleramo, 1946.
«Ricordo ancora l’emozione con la quale molte anziane donne chiedevano ai figli di essere accompagnate fino all’interno dei seggi elettorali, incerte, timorose di sbagliare. E uscivano dalla cabina soddisfatte ed emozionate».
Miriam Mafai, 1946.
«Dei fatti di quell’anno – lotte politiche, mutamenti di governo – essa sapeva poco o nulla. E il solo suo problema sociale (aggiunto all’insufficienza del suo stipendio nel caro-vita) adesso era il terrore di venire cacciata via dal posto per lo scarso rendimento. Già si sa che d’abitudine essa non leggeva i giornali. […] Al mese di giugno, per la prima volta nella sua vita, essa era stata chiamata a dare il proprio voto alle elezioni. E siccome giravano voci che l’astensione verrebbe registrata a titolo di colpa dalle Autorità, s’era presentata alle urne, fra i più solleciti elettori mattinieri: votando repubblica e comunismo, perché così l’aveva consigliata l’oste Remo. Di sua propria scelta personale, invero, essa avrebbe voluto votare anarchia per ricordo di suo padre; ma Remo, contrariato, l’aveva disapprovata gravemente, informandola nel contempo – d’altronde – che un tale partito non
figurava nelle liste».
Da “La storia”, di Elsa Morante.